Emanuele Severino

Desidero condividere questa intervista al filosofo Severino. Molto interessante il rapporto tra essere non essere e nichilismo:

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Severino è contrariato dalla ferocia e totale caduta di valori del nostro pianeta, tanto da chiedersi quale sarà il nostro destino. Severino auspica un ritorno all’eternitá dell’essere, dove questo folle divenire, continuo mutamento, che più che al “panta rei” di Eraclito sembra condurre al famoso mare tempestoso di Nietzscheiana memoria, dove la totale perdita di ogni punto di riferimento inevitabilmente ci portare ad un tragico naufragio.

Nell’intervista a Severino è interessante la parte in cui descrive la mutevolezza di ogni ente, di tutte le cose, compreso l’uomo. Poiché nell’”essere”, che è l’essere di tutte le cose, per Severino, come per Parmenide, è da escludersi ogni mutamento, l’ente è destinato a cadere nel non essere e quindi nel nulla. Secondo questa prospettiva, il nichilismo è il risultato proprio di questa continua mutevolezza nella società. Ciò che è nuovo oggi, domani è già vecchio. Per cui tutto, ogni cosa di fatto viene ad annichilirsi nel non essere sospingendo lontano quell’essere che al contrario costituisce l’eternità delle cose, la loro stabilità. Severino però auspica una filosofia futura che possa far tornare l’essere alla sua genuinità.

Questa concezione parmenidea dell’essere verrà poi messa in discussione da Platone e Aristotele i quali pure avevano il loro orizzonte dell’essere ma compresero che si poteva divergere da un significato di “non essere” solo in termini assoluti. Diciamo che Platone aveva dato vita ad una nuova concezione, si poteva parlare di “non essere” in modo relativo per esempio ad un concetto, ad una cosa che poteva non essere pur continuando a far parte dell’essere di tutte le cose. Io infatti posso dire che quella biglia non è bianca, perché è nera, senza dubitare che comunque una biglia bianca se non è qui continua ad esistere da qualche altra parte. Per Parmenide non potevo negare l’esistenza qui di quella biglia bianca, in quanto sarei caduto in contraddizione, un biglia non può essere e non essere allo stesso tempo. Quindi Platone con questo fonda un linguaggio coerente che punta a giungere ad una verità che riporti il buon senso e allontani la confusione che allora vi era nelle pretese sofistiche che tutto al contempo poteva essere vero o falso, in quanto solo la retorica o l’abilità linguistica decideva ciò che era vero o falso. Vediamo che qui ci avviciniamo sempre più ad una logica del linguaggio.

Tuttavia però questa coerenza introduce la leicità di un continuo divenire e mutare delle cose, la qual cosa probabilmente piaceva poco a Severino e per questo auspicava un ritorno a Parmenide ed una critica al pensiero platonico ed aristotelico. Vedi il divenire feroce in cui tutto muta nel nome di del progresso.

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